Al padiglione Lussemburgo della 58° edizione della Biennale di Venezia, l’artista Marco Godinho presenta un insieme di opere che hanno come filo conduttore il mare. Per la precisione si tratta del mar Mediterraneo, che per secoli ha stimolato l’interesse, la fantasia e la voglia d’esplorare, ma allo stesso tempo è stato motivo di guerre, divisioni, confini.
All’interno del padiglione è possibile ammirare una sequenza di storie vissute o interpretate dall’artista attraverso un viaggio in diverse città (Lampedusa, Marsiglia, Tunisi, Cartagine ecc.) che insieme compongono un paesaggio mediterraneo articolato, disgregato e complesso.
L’aspetto interessante è rappresentato sicuramente dal tentativo di lasciar parlare l’elemento naturale, ovvero l’acqua. Un’installazione, infatti, consiste nella raccolta di taccuini che sono stati collocati in diverse spiagge del Mediterraneo e “scritti” dalla marea, man mano che saliva o scendeva. Questi taccuini, dunque, non sono vuoti, come potrebbe sembrare, ma riportano le tracce del mare che lentamente hanno modellato e segnato in modo indelebile le pagine.
Di volta in volta questo processo ondulatorio di scrittura da parte del mare ha scaturito nella mente dell’artista delle riflessioni, meditate o improvvise, che si sono concretizzate attraverso la composizione di “haiku”. La presenza delle virgolette è dovuta al fatto che non si tratta di haiku nel senso classico del termine, ovvero con la presenza del kigo, della metrica e di tutte le altre caratteristiche solitamente riconosciute a questo genere poetico. Ma si tratta piuttosto di composizioni il cui primo verso è fisso, “see another sea” (vedi un altro mare), mentre la seconda parte varia a seconda del paesaggio, lo stato d’animo, le percezioni sensoriali ai quali si riferisce. Si potrebbe quasi definire “haiku estemporaneo”, ovvero quel momento della composizione in cui le parole sono frutto di una scrittura d’urgenza, quando la mente ha un’epifania e ha bisogno di trascrivere quello che ha percepito, così com’è, senza il frutto di rimaneggiamenti successivi. Trovare la sillabazione giusta, la contrapposizione o la giustapposizione di due immagini possono essere lavori di lima compiuti a posteriori dallo haijin, ma sono processi razionali che contraddicono l’istintività delle opere di Godinho. I taccuini sono scritti unicamente dalle onde infrante di un particolare momento, così allo stesso modo gli haiku.
A volte l’ispirazione per la scrittura proviene da elementi naturali, a volte da visioni metafisiche e suggestioni letterarie, a volte da semplici constatazioni e moniti che sembrano quasi puerili. Un intenditore di haiku potrebbe facilmente storcere il naso, ma le modalità con cui vengono concepiti i versi, la chiara riconoscibilità autoriale e l’elemento stagionale dato talvolta da elementi suggeriti, non detti o metafisici regalano forse interessanti spunti di riflessione di rinnovamento dello haiku contemporaneo.
In ogni caso l’effetto d’insieme è potente, perché i 201 haiku, uno diverso per ogni giorno della Biennale, sono un frammento, un piccolo scorcio all’interno di un discorso, ma allo stesso tempo, una volta raccolti tutti gli haiku e letti insieme, il ritmo è cantilenante, come fosse un mantra, un ritmo che porta alla meditazione, una preghiera votiva che auspica un desiderio che solo il pensiero immerso nella lettura può formulare.
See another sea that is slowly eroding the rocks
Guarda un altro mare che lentamente erode le rocce
See another sea through infinitive variations of fog
Guarda un altro mare attraverso infinite variazioni di nebbia
See another sea as a deep deep blue that doesn’t disappear
Guarda un altro mare come un profondo profondo blu che non sparisce
See another sea that becomes invisible again
Guarda un altro mare che diventa invisibile ancora
See another sea to perceive ghosts everywhere
Guarda un altro mare per percepire fantasmi ovunque
See another sea everywhere but here
Guarda un altro mare ovunque tranne qui
See another sea in front of a mirror that has lost its reflection
Guarda un altro mare di fronte a uno specchio che perse il suo riflesso
See another sea that has no background
Guarda un altro mare che non ha nessuno sfondo
See another sea in the distant horizon as incomplete vision
Guarda un altro mare nell’orizzonte distante come visione incompleta
See another sea to use an unknown alphabet
Guarda un altro mare per usare un alfabeto sconosciuto
See another sea as something already missing
Guarda un altro mare come qualcosa di già perso
See another sea to celebrate the nomadic body
Guarda un altro mare a celebrare il corpo nomade
See another sea that brings us back to the seabed
Guarda un altro mare che ci riporta al fondale marino
See another sea that reach the edge of the land
Guarda un altro mare che raggiunge i confini della terra
Traduzioni dall’inglese di Matteo Contrini.
Immagine: Matteo Contrini, Gli haiku scritti dalla marea, Biennale di Venezia 2019.